Maria Callas: un mistero
C’è qualcosa di misterioso e strano in questa voce particolarissima, qualcosa che continua a turbarci: una capacità espressiva, un abbandono, una passionalità che l’assoluta capacità tecnica governava mettendola al servizio dell’interpretazione.
Di questa voce il grande critico musicale Elvio Giudici scrisse: “[Il suo] timbro nel medium ha quel colore inconfondibile (acidulo ma corposo, dai riverberi scuri e bruniti che ancor più sembrano tali nella scolpitura d’ogni singolo fonema del verso) e che, scendendo, s’amplia divenendo sempre più fosco, con accensioni quasi luciferine; salendo, può invece di colpo schiarirsi e assottigliarsi in lamine di suono addirittura eteree, cui gli infiniti colori esplicitati fanno assumere bagliori iridescenti”.
Greca d’origine e di storia, americana di nascita, italiana per matrimonio, Maria Callas ebbe una sola patria: il canto. Infiammò un pubblico immenso. Si moltiplicò e si trasfigurò nelle sue eroine. Fu celebrata fino al fanatismo e criticata fino all’odio. Conobbe una gloria senza eguali, morì lontana da tutti, in solitudine.
La cercheremo attraverso le sue voci – molte, tante quanti furono i suoi ruoli - e le sue leggendarie capacità interpretative, fino al silenzio, fino a quella Medea senza canto che Pasolini creò con lei e per lei: là, senza canto, senza voce, resta lo sguardo: occhi stupefatti, immensi, di bambina venuta da un altro mondo. Sperduti.