Lo sguardo di Medusa

Medusa è una delle tre Gorgoni, creature mostruose e funeste dall’aspetto terribile: chioma di serpenti, zanne di cinghiali, occhi spalancati che paralizzano e mutano in pietra colui che li fissa. Medusa porta la morte negli occhi: una verità che, come ci svela Perseo, non può essere guardata, se non con lo stratagemma di un riflesso.
Accampata alle porte dell’Ade, è la guardiana che sta alla frontiera tra demoni e dei, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra visibile e invisibile, tra ordine e caos, tra ragione e follia. Sorveglia la linea di frattura tra vita e morte che divide in due l’essere umano e la sua esistenza, il che ne giustifica la natura ambigua: ora spaventosa ora seducente. E, poiché incarna le potenze del disordine e della radicale alterità, “regna nei periodi di instabilità tra cultura e barbarie, tra vita e morte, tra lo stato infans dell’inarticolato e del grido e lo stato adulto del logos, che sono anche i periodi di passaggio” (Jean Clair, 1988).
Lo sguardo di Medusa reca l'impensabile, l'irrappresentabile. È l’odio, il male? O il dolore - lo scandalo del dolore che si abbatte sull’innocente?
Il 24 febbraio 2022 la guerra è scoppiata alle frontiere di un’Europa piegata dalla pandemia. Dopo la catastrofe inaudita delle due guerre mondiali, la guerra sembrava diventata, almeno in Europa, impensabile: eppure i sanguinosi conflitti jugoslavi degli anni ’90 avrebbero dovuto essere di monito e ricordarci che il ritorno dell’orrore è sempre possibile. Il 7 ottobre lo ha brutalmente confermato. La violenza inaudita che ne è seguita non cessa di lasciarci sconvolti e increduli. La vita scorre sullo sfondo delle bombe che cadono ogni giorno nell'Europa orientale, del Medio Oriente che brucia mentre un'intera popolazione civile viene sistematicamente sterminata, della morte in Sudan di milioni di persone uccise dalla guerra e dalla fame. Gli eventi cui assistiamo sono una tragica smentita: non c'è obsolescenza della guerra: la storia continua nella cornice di una perenne ciclica oscillazione tra guerra e pace, a meno di non vedere nella pace soltanto “l’intervallo tra due guerre”, come affermò Jean Giraudoux.
Freud non ha illusioni davanti alla speranza di una società senza violenza e senza distruzione: il Male non può essere estirpato, è “tratto indistruttibile” della natura umana e la barbarie giace nel cuore stesso della civiltà, pronta a risvegliarsi e annientarne le conquiste.
Sordo ad ogni manicheismo, Freud non oppone le due grandi pulsioni: Thanatos, la potenza distruttiva, non lotta contro un Eros creatore. Eros e Thanatos procedono insieme: la morte nella vita, l’odio nell’amore, il dolore nel godimento, il godimento nella distruzione. E se la pulsione di morte è pensata senza volto e senza voce, è perché essa annienta le rappresentazioni e lavora in silenzio, quando non genera l'orribile frastuono delle armi.
Oggi, ancora una volta, la guerra ci trascina in un tale stato di stupore, di impotenza e di insensatezza che il pensiero e la possibilità stessa di pensare vacillano.
Cosa possono dire gli psicoanalisti, i filosofi, i letterati, gli antropologi, in tempo di guerra? Ospiteremo in questa sezione del sito testi che crediamo possano orientarci nello smarrimento e nell’oscurità angosciosa dei tempi.