Il filo e la trama. Viaggio nell’opera aperta di Ernesto de Martino

Angela Peduto e Nicola Martellozzo (a cura di)
Colibrí Ed., 2023

L’opera di Ernesto de Martino è oggetto negli ultimi anni di un vasto movimento di riscoperta, che vede moltiplicarsi i convegni, gli studi, le traduzioni, le riedizioni. Partecipe di questo movimento, il volume curato da Angela Peduto e Nicola Martellozzo ne interroga l’eredità intrecciando più voci, in un dialogo con l’opera e tra le discipline, fedele in questo all’esigenza demartiniana di mantenere sempre aperto il contatto tra campi eterogenei del sapere, lontano da quelle “barriere feudali nei cui limiti vivono regimi culturali autarchici” (1941). Un’esigenza coerente con lo spirito di un intellettuale teso all’ascolto di quanto vive o sopravvive in forma residuale tra le pieghe della storia e che, irriducibile alle categorie del pensiero tradizionale, può essere afferrato solo da uno sguardo, per così dire, obliquo. Magie, affatturazioni, lamentazioni rituali, esorcismi stagionali, sono per de Martino le tracce di un mondo che sempre più gli si svela come il rovescio del mondo ‘illuminato’, disordine che ne insidia in modo permanente l’ordine e che l’operare umano è chiamato – mai definitivamente – ad addomesticare. 

Ripensare oggi Ernesto de Martino significa farlo attraverso le sue riflessioni, in un movimento del pensiero che, come un filo, sappia muoversi tra un piano e l’altro per dare vita alla trama complessa di una tela. È lo spirito di questo libro: la pluralità delle voci che lo compongono amplifica felicemente le risonanze di un’opera la cui fecondità e modernità si misurano anche dalla ricchezza delle suggestioni che continua ad offrire. 

Scaturito da un lungo lavoro seminariale e in reazione al trauma pandemico, il libro raccoglie i contributi di studiosi appartenenti a campi disciplinari diversi, chiamati a interrogare l’eredità del grande etnologo napoletano.

Filosofia, storia, antropologia, cinema, psicoanalisi, etnopsichiatria: sono le voci convocate in un viaggio che approda infine nei luoghi della modernità, dove continua a interpellarci l’ultima incompiuta lezione di de Martino, monito a non distogliere lo sguardo dalla catastrofe dell’umano, sempre possibile nei destini singolari come in quelli collettivi. L’opera di de Martino, da molte parti ormai riconosciuta come espressione della più inquieta e profonda tradizione novecentesca, è interamente percorsa dalla preoccupazione della crisi e dei suoi possibili esiti, tanto sotto il segno del trascendimento e del riscatto quanto sotto il segno della catastrofe e della dissoluzione. Il caos del mondo rende oggi questa analisi più attuale che mai: quale mondo è possibile pensare? Come opporsi alla catastrofe? Come mantenere un coinvolgimento intellettuale, politico, culturale che sappia essere sempre progetto di vita, pur nella piena assunzione della possibilità della fine?

Apre il volume un’ampia e importante conversazione con Giordana Charuty, una delle massime esperte dell’opera di de Martino; vi è descritto e affrontato nei suoi risvolti più significativi e meno noti il lungo processo di ricezione francese, fino alla traduzione de La fine del mondo nel 2016, ripresa poi in Italia come terza e definitiva edizione di questo libro fondamentale. Il contributo di Piero Coppo è l’ultimo che il grande etnopsichiatra, scomparso nel 2021, abbia lasciato; egli ritorna sul travaglio teorico e pratico condiviso da de Martino con l’etnopsichiatria attuale, attingendo alla sorgente problematica e controversa che scaturisce dalle pagine del Mondo magico. 

L’antropologo Fabio Dei si focalizza sul presente, esaminandone le crisi esistenziali e chiedendosi quali dispositivi di reintegrazione si possano pensare nel mondo contemporaneo abitato e agitato da una cultura di massa.

Il volume accoglie un saggio di argomento filosofico che, attraverso la nozione di folklore come visione del mondo, ritorna sul rapporto tra Gramsci e de Martino (Francesca Fidelibus); un saggio di argomento storico che interroga l’influenza fondamentale di de Martino sulla storiografia italiana e straniera (Raffaele Riccio); un saggio antropologico sul tema centrale quanto dibattuto e sempre aperto dell’efficacia simbolica (Nicola Martellozzo). Lo completano una vasta riflessione sulle apocalittiche contemporanee, in un mondo alle prese con i grandi rivolgimenti sociali e antropologici del presente (Salvatore Inglese); un contributo sulle relazioni di de Martino con il cinema, in particolare con il cinema documentario italiano del dopoguerra (Cristina Lasagni); e infine uno studio che incrocia l’esperienza dell’annus horribilis 2020 con le riflessioni freudiane e demartiniane sulla morte e la melanconia (Angela Peduto)

Invito alla lettura

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