Il Purgatorio dantesco tra poesia e teologia

Raffaele Riccio
20 marzo 2021

“Il Purgatorio supera in poesia il cielo e l’inferno, in quanto rappresenta un avvenire del quale entrambi sono privi.”

Questa frase di Chateaubriand, posta da J. Le Goff come incipit a La nascita del Purgatorio, sintetizza alcuni punti di arrivo dell’arte e della visione religiosa del XIII – XIV sec. e, in genere, delle epoche successive. A partire dal XIII sec. si diffuse in Europa la visione “confortante e salvifica” di un luogo intermedio dove l’uomo, realtà spirituale mediana tra demone e santo, avrebbe potuto espiare le proprie colpe e aspirare alla salvezza. Si trattava di un cambiamento importante, perché fino a quel momento nell’imma ginario occidentale esistevano solo due luoghi antagonisti, Inferno e Paradiso.

Questo cambiamento avviene nell’ambito delle realtà cittadine, sedi delle Università, dei collegi notarili, delle Gilde dei mercanti e dei traffici economici e “culturali” che caratterizzarono l’Europa del XIII-XIV sec., e si accompagna all’emergere di una nuova fascia sociale, quella borghese, intermedia tra ricchi e poveri. Fino alla peste del 1348.

La seconda cantica della Commedia rappresenta la “conclusione sublime” di questo lento processo e Dante, poeta e uomo di pensiero, sa rappresentare con piena e suprema consapevolezza poetica i concetti cardine dell’elaborazione teologica che sottende la credenza nella realtà del Purgatorio. Lasciando esprimere questa concezione a personaggi noti, la cui fama era ancora presente tra i contemporanei, egli garantiva un effetto di veridicità poetica, storica e religiosa che certamente contribuì ad ancorare nell’immaginario collettivo l’esistenza di questo terzo luogo.

Accompagnati dai meravigliosi versi del Purgatorio cercheremo di comprendere l’origine e il significato di un mondo la cui creazione ebbe conseguenze politiche, sociali e spirituali di grande portata.

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